mercoledì 7 aprile 2010

La "normalità"

A pochi, non a molti, considerare l’Italia un Paese “normale”, costa fatica e sudore. Il concetto di “normalità”, e quindi l’assenza di aspetti eccezionali, lo si condensa in primo luogo nell’esistenza di regole certe e precise, successivamente nel rispetto delle stesse. Il binomio tra la regola ed il comportamento improntato al rispetto della medesima, delinea bene il confine tra il normale, l’eccezione, ed il baratro. L’elemento che porta all’uso razionale della regola, sta nell’adottare un comportamento estrinsecatesi in azioni le quali una volta compiute, qualora dovessero ritorcersi contro l’autore, a questi non sono gradite. Bisogna quindi uscire dal proprio guscio e provare con effettiva praticità ciò che in teoria si elabora, ed in pratica si attua. In Italia il confine tra il normale e l’eccezione è un problema che non si pone, poiché arriviamo subito a parlare del baratro. Non è il solito pessimismo cosmico, ma l’analisi della realtà. Un Paese normale, è capace di scegliersi in primo luogo un legislatore capace di elaborare regole, e non reclutare soltanto veline e soubrette negli scranni del tempio legislativo. Se poi queste veline e soubrette, per vie traverse (voglio essere buono) arrivano a scaldare la seggiola del potere ministeriale e di sottosegretario, allora quel famoso concetto di normalità all’inizio preso in considerazione, si scioglie come neve al sole. La politica non deve essere un lavoro, bensì una missione a brevissimo termine in cui cercare di risolvere il problemi di chi ti affida il mandato parlamentare. Ergo, occorre competenza, capacità, e non l’abilità a rotolarsi nel lettone di turno per poi essere inseriti nel listino al posto giusto e al momento giusto. Ma da noi questo è normale, in quanto agli elettori non fa una piega. Quindi se chi dovrebbe legiferare, versa in queste condizioni, non c’è cosa che possa definirsi anomala nella bella Italia bagnata dal mare ed accecata dal sole. E’ normale uccidere e non andare in galera; è normale avere una giustizia inesistente; è normale la mancanza della certezza della pena; è normale avere gli albi; è normale corrompere; è normale la raccomandazione su ogni fronte, anche per una TAC in ospedale; è normale considerare la politica il centro per l’impiego; è normale vedere la TV di Stato totalmente nelle mani dell’esecutivo stile dittature dell’America Latina; è normale telefonare al designatore arbitrale per ottenere l’arbitro che meglio potrà dirigere a senso unico la partita. Potrei continuare all’infinito visto che è normale tutto ciò che in una democrazia sana è “anomalo”, ed in alcuni casi impensabile. Questo ritratto, ha contribuito a realizzarlo la società. Le spinte di cambiamento e di evoluzione di un popolo, partono dal basso. Se consideriamo che in Italia si legge lo stesso numero di giornali dell’immediato dopoguerra; si studia poco, non ci si informa, non si va al di là di quelle quattro cazzate che i tg – sempre più inutili – sfornano, è facile capire come si genera la lenta degenerazione di un popolo e la sua capacità di guardare al futuro. Ciò che mi fa davvero arrabbiare è la incapacità, di migliaia di uomini e donne che con sacrificio inumano e talento eccezionale, pur tenendo ancora a galla un paese malato, non si ribellano. Non incrociano le braccia e chiedono con insistenza un radicale cambiamento. Son sicuro che se l’esigua minoranza di chi quotidianamente lotta e fatica per il bene di tutti, si arresta, il Paese muore. Poi saranno cavoli amari per chi ha sempre gozzovigliato nel “mondo anormale” facendo il furbetto e lo stupido. Temo però che quest’ultimi, in Italia, la faranno sempre da padrone.
M.B.

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